p1
p1
p1
p1
p1
p1
p1
p1
p1
p1
p1
p1
p1
p1
p1

STRADE DELLA ROMA PAPALE

Piazza della Trinità dei Monti (R. IV – Campo Marzio) (vi convergono: via Sistina, via Gregoriana, la Scalinata Mignanelli, la Scalinata di Piazza di Spagna, la Scalinata da via di San Sebastianello, viale della Trinità dei Monti).

Una volta, “platea Trinitatis” era il nome della  sottostante  attuale  piazza  di Spagna.

L’attuale piazza della Trinità dei Monti, insieme alle  odierne vie Sistina, Gregoriana, Capo le Case, e Due Macelli, costituivano l’area dei giardini, fondati circa l'anno 63 a.C., da Lucio Licinio  (117-56 a.C.) vincitore di Mitridate (72 a.C.) e di Tigrane II (69 a.C.).
Dette vie racchiudevano vastissimi fabbricati [1] e lunghi portici, e come gli Horti Sallustiani furono incendiati e distrutti da Alarico (395-410).

L’area della Chiesa, del convento, del bosco e belvedere di villa Medici, conservava ancora, nel XVI secolo, magnifici avanzi di costruzione di villa con grandi scalee e colonnati, conducenti di terrazza in terrazza fino sull’alto del Monte[2]. Questa sontuosa villa era appartenuta, nell’anno 378, a Petronio Probo (328-390) e a sua moglie Anicia Faltonia (+432).
La "domus Postumiorum" dei primi tempi imperiali, con gli adiacenti giardini degli Acili [3], di Valerio Asiatico (I sec. a.Ch.-47 d.Ch.) [4], e con quelli di Lucullo (117 a.Ch.-56 a.Ch.), passati poi ai Domizi [5], videro il matrimonio di Messalina (25-48) con Caio Silio (c. 13-48) e poi la sua morte per ordine dell’imperatore Claudio (41-54) [6].

I ruderi di alcuni di questi edifici sono stati incorporati nei fabbricati della Villa Medici [7], fatta erigere nel 1544 su questa parte del "Collis Hortulorum"[8] dal cardinale Ricci di Montepulciano.

Caterina de’ Medici (1519-1589), che fin dal 1540 aveva acquistato dalla famiglia Paoletti parte della Collina Pinciana, indusse l’allora cardinale Ferdinando dei Medici, ad aggiungere, nel 1576, la villa Ricciana al suo possedimento.
Il cardinale, dopo aver  rinunciato alla porpora, successe, nel gran ducato di Firenze, a suo fratello Francesco col nome di Ferdinando I (1587-1609).
Come Granduca di Firenze stabilì nella villa i suoi ambasciatori, che prima di allora avevano abitato nel palazzo Serristori in Borgo Vecchio.

Il possesso dei Medici passò dopo al cardinale Alessandro, poi Leone XI (Medici - per 27 giorni: 1° aprile, 27 settembre 1605). Il cardinale Alessandro ampliò ed abbellì la villa con statue di scavo, fra le quali le 15 statue delle Niobidi, trovate presso porta S. Giovanni ed emigrate poi nel 1769 a Firenze e la Venere detta dei Medici, rinvenuta negli scavi della villa Adriana (Tivoli).
Anche la Venere, trovata troppo "lasciva" per la casa di un cardinale da Innocenzo XI (Benedetto Odescalchi - 1644-1655), fu trasportata a Firenze.[9]
I Medici di Firenze, nella loro permanenza a Roma, abitarono la villa
[10], che nel 1633 fu prigione di Galileo Galilei (1564-1642).

Questi, che era stato a Roma sei volte (dal 1615 in poi [11] ospite dell’ambasciatore arciducale a palazzo Firenze nella piazza omonima) fu nel 1616 processato dal Santo Uffizi ed 11 teologi decretarono essere assurda in filosofia, e contraria alle sacre scritture, la teoria del moto della Terra e della stabilità del Sole.

Galileo non dovette fare alcuna abiura [12], ma dovette promettere di non più sostenere tale teoria, né insegnarla, né più scrivere di essa.
Ma nel 1632 pubblicò il "Dialogo sui due massimi sistemi del Mondo Tolemaico e Copernicano" che nel 1633 gli procurò processo, condanna e abiura.
Nel 25 febbraio di quell’anno, ospite al palazzo Firenze, scriveva ad un suo amico: "Me ne sto quietamente in casa dell'Eminentissimo Signor Ambasciatore, accarezzato".
Dopo il primo esame (12 aprile), gli furono assegnate tre stanze, nel palazzo del Santo Offizio, ove rimase 18 giorni, e fu poi rimandato a palazzo Firenze.

In un avviso del 7 maggio si legge: "Il Galileo, ch’era trattenuto nel Santo Offizio per aver scritto troppo liberamente del moto della terra, è stato liberato, con questo che stia nel palazzo dell'Ambasciatore del Duca et che l'abbia in luogo di carcere".

Il 21 giugno ricoverato alla sede dell’Inquisizione (Santa Maria sopra Minerva), vi udì il giorno seguente la sua condanna, che avrebbe dovuto scontarsi "al carcere formale in Santo Offizio" ad arbitrio dei giudici.
Ma Urbano VIII (Maffeo Barberini - 1623-1644) decise: “Feria V, die 23 Iunii 1633, mandarvit habilitare a  carceribus O.S.O. ad Palatium Magni Ducis Aetruriae Urbis prope ‘ecclesiam SS.Trinitatis Montis, Galiloeum de Galiloeis, quod palatium teneat loco carceris".
"Dove, accompagnatovi dall'ambasciatore, rimase fino al 6 luglio prossimo quando partì per la relegazione toscana".

Ritiratosi nella sua villa del Gioiello in Arcetri [13], vi morì nel 1642, assistito dalla figliola, suor Maria Celeste, e dai giovani scienziati della sua scuola.

Dell’epigrafe, apposta sulla sua tomba, fu autore Simon Bindo Peruzzi (1686-1759) che ne ebbe in compenso 36 lire di zucchero e cioccolata.

La sentenza pronunciata dal Santo Uffizio, fu revocata solo nel 1822, quando detto Tribunale Ecclesiastico dichiarò, non essere più vietata la pubblicazione di opere che  trattino  del  movimento  della  terra  secondo  il  sistema  di  Copernico (1473-1543).

La lapide che commemora la prigionia di Galilei è adesso apposta all’ingresso del Pincio, sopra una colonna, non avendo la Francia dato il permesso di murarla sulla facciata dell’edificio, oggi di sua proprietà.

La proprietà del palazzo e della villa Medici, passarono alla Francia quando, nel 1737, morì Gian Gastone dei Medici (1671-1737), ultimo della casata Medici.

Fu in forza del Trattato di Vienna che la Dinastia Lorenese e Francesco I di Lorena (1708-1765) ne ebbe il possesso, che passò, alla sua  morte, a Leopoldo I (1765-1790) di Toscana fino al 1790, quando questi diventò a sua volta imperatore.
Seguì Ferdinando III (1790-1801) fino al 1801, quando Napoleone I (1769-1821), creato il regno di Etruria, destinò palazzo e villa Medici al ruolo di rappresentanza.
In seguito, lo stesso Napoleone destinò villa e palazzo a sede dell’Accademia di Francia, dando all’Etruria, il 18 maggio 1803, il palazzo del duca di Nevers (Mazzarino) al Corso (poi Salviati), dove, in precedenza, risiedeva la suddetta Accademia.

Nel 1666, Colbert Giambattista (1619-1683), soprintendente [14] di Luigi XIV (1638-715), aveva stabilito di creare in Roma un’Accademia di Francia (per i discepoli delle Belle Arti – dal 1803 anche per i Musicisti).
La prima residenza dell’Accademia fu la casa Saraca a S. Onofrio (Vedi Salita di Sant’Onofrio - Trastevere), sulle falde del Gianicolo.
Nel 1673, l’Accademia si trasferì al palazzo Caffarelli, nel 1685, a palazzo Capranica  [15], nel 1725, al palazzo Salviati fino al 1803, quando fu effettuata la permuta con la Villa Medici, come sopra detto.

La venuta dell’Accademia, migliorò lo Stato della Villa, assai negletta fin dal tempo di Gian Gastone dei Medici. Miglioramenti furono eseguiti in ogni dove ed anche le fontane riebbero la loro acqua, fra le quali quella ch’era "in capo del giardino, che ne cadeva (acqua Vergine) in sontuosa pila di marmo bianco, piena di figure più che di mezzo rilievo, ancora dov'era sacrificio di un toro et altre ationi diverse".
La scritta che vi si leggeva diceva: "Virginiam aquam duxit tantum Ma(vo)rtis in agrum – Agrippa et opus dicitur egregium – Ad collis in Pincii verticem Camillus Agrippa – Extulit, ingenium cernitur eximium”.

È detto in un codice del XVII secolo: "Questa memoria sarà fatta in tempo del cardinale Montepulciano (Ricci), ovvero dei Medici, che comperò il loco ch’è accanto la Trinità de’ Monti. Morì Montepulciano, vivente Gregorio XIII (Ugo Boncompagni - 1572-1585),  e  questo  cardinale lo Medici (Ferdinando I de’ Medici), vivente Sisto V (Felice Peretti - 1585-1590), si levò il cappello" (da cardinale divenne Gran Duca).

La fontana [16], che sta anche adesso sulla passeggiata del Pincio, incorniciata da alberi tagliati geometricamente, ha al centro una palla di pietra che fa passare uno zampillo d’acqua.
Si dice sia la palla che Maria Cristina di Svezia fece sparare, anzi sparò, per capriccio, con un cannone di Castel Sant’Angelo, contro il portone ferrato del palazzo Medici, per dare il buon giorno ai suoi abitanti. Sul portone si vede ancora la traccia che vi ha lasciato il proiettile.

Ai primi del XIX secolo, pur non essendoci più il rigore che spingeva Paolo II (Pietro Barbo - 1464-1471)  a perseguire i falliti (dovevano portare la berretta verde, compresi i loro figli maggiori), e Sisto V (Felice Peretti - 1585-1590) a renderli passibili della pena capitale, il rigore contro gli insolventi era ancora forte.
Ma poiché non potevano essere arrestati dalla sera all’alba, né di giorno in luoghi di immunità, tutti i colpiti da arresto per debiti o fallimento, preferivano rifugiarsi nella portineria dell’Accademia di Francia, dove si trattenevano, giocando a carte col portiere Lizzani.

In un angolo della villa, in un casino, che fu poi trasformato in cappella, abitò San Gaetano Thiene (1480-1547), con i sui Teatini, da lui fondati, durante il sacco del 1527. Scoperto dai lanzichenecchi fu legato ad una delle poderose piante del viale esterno, e torturato perché svelasse il nascondiglio dei suoi tesori.

Sulla Piazza, di fronte all’obelisco di Sallustiano, si trova la chiesa della Santissima Trinità dei Monti.

La sua origine è dovuta alla malattia di Luigi XI di Francia (1461-1483).
Il re, sentendosi morire, si rivolse a Sisto IV (Francesco Della Rovere - 1471-1484) perché inducesse San Francesco di Paola (1416-14507) a recarsi in Francia, nella speranza che le virtù taumaturgiche del Santo gli ridonassero la salute.
Ma il re morì ed il successore Carlo VIII (1483-1498), che aveva visto lo zelo e la bontà di S. Francesco, ne restò così preso che commise al suo oratore (ambasciatore) in Roma di trovare un posto adatto per edificare un convento all’Ordine dei Minimi,, fondato dal Santo in Cosenza fin dal 1433 e che ha per motto "Charitas".
Il terreno fu acquistato e nel 1493 si iniziò la erezione del monastero.
Con le offerte dello stesso Carlo e con quelle dei suoi successori Luigi XII (1498-1515), Enrico II (1547-1559) ed Enrico III (1551-1589) e col valido aiuto dei papi Giulio II (Giuliano Della Rovere - 1503-1513) e Leone X (Giovanni de´ Medici - 1513-1521), l’edificio fu portato a termine, nonostante i danni ingenti subiti dalla chiesa e dal convento nel sacco del 1527.

Sisto V (Felice Peretti - 1585-1590) edificò una strada fra il convento e la via Felice (via Sistina, vedi Campo Marzio) sostituendo anche la ripida scalinata che dava accesso al tempio [17], con una comoda doppia gradinata. Questo papa eresse la chiesa  a titolo cardinalizio nel 1587 e sotto Paolo V (Camillo Borghese - 1605-1621) [18] l’area conventuale fu ingrandita con l’acquisto della villa del Pino (Malta o delle Rose).

Ma in quell’epoca erano rimasti nel monastero i soli "Minimi" di nazionalità francese, dopo averne estromesso i "calabresi" nel 1585.

 "Gli frati di Paola Calabrese stanziavano (convissero) con gli frati francesi nella Trinità dei Monti. Vennero in rissa, furono scacciati gli Calabresi et sì ricoverarno a Santa Andrea delle Fratte, quale gli fu concessa da Gregorio XIII" (Ugo Boncompagni - 1572-585).
Nel 1798, il convento fu abbandonato dai Minimi in seguito alla dominazione francese [19] ed al principio del XIX secolo, fu affidato alle religiose del sacro Cuore, fondate da suor Maddalena Sofia Barat che v’istituì l’attuale Collegio.

L’obelisco, che è fra la Chiesa e la balaustra della grande gradinata che scende a Piazza di Spagna, è un’imitazione romana d’epoca imperiale, con sculture scadenti, che riproducono geroglifici ed immagini di Seti e Ramesse (XIV-XIII sec. a.C. – XI-XX dinastia). Detto obelisco fu trovato negli orti sallustiani e nel medioevo era chiamato la “guglia della Luna".

"Li 11 aprile 1789 fu collocato il grosso pezzo della guglia egizia sopra il piedistallo eretto nella Piazza della Trinità al Monte Pincio per opera dell'architetto Giovanni Antinori. Li 20 aprile fu alzato il secondo pezzo. Alla metà di maggio sopra la guglia fu posta la croce di metallo con reliquie della Santa Croce, S. Giuseppe, S. Pietro e San Paolo, San Pio V, Sant'Agostino e S. Francesco di Paola".

"Prima che fosse fabbricata la gradinata [20], si accedeva allo portone de lo convento dei Minimi  a mezzo di un Vicus Trinitatis , ovvero strada sotto la Trinità, a mezza costa”. A medio monte si ergeva una piccola torre, che apparteneva ai Pozzobonelli, di origine ligure, i quali erano proprietari di altre tre casette e di... un gioco di bocce.

_________________________

[1] )            Dall’ingresso della Villa, al piazzale del Pincio, ad una profondità di circa 2 m dal livello odierno, sono state trovate delle abitazioni. Consistevano di molte camere in fila, con muri sottili di opera reticolata e pavimenti a mosaico. Dietro queste stanze, presso la casina Valadier, furono trovate altre costruzioni del I e II secolo. Fra la chiesa della Trinità e l’Accademia, l’avanzo di un’esedra grandiosa dei giardini Aciliani, rimasti in piedi fino a tutto il XVI secolo. Al di sopra, sull’alto del colle, vi era un tempietto di forma circolare con pronao esastilo, conosciuto nel Rinascimento come tempio del Sole. I giardini Aciliani passarono nel IV secolo agli Anici e quindi ai Pinci. Teodorico (493-526) danneggiò tutti gli edifici per la costruzione delle chiese di Ravenna che ebbe così, nei suoi monumenti, il ricordo di tre grandi periodi storici: l’imperiale di Onorio e di Galla Placidia (V sec.); il gotico Teodorico (V-VI sec.) ed il bizantino con Giustiniano (VI sec.).

[2] )            Secondo il Fauno "sopra questo colle fu il tempio del Sole". Che ora si crede essere stato nei pressi di Piazza San Silvestro (Vedi - Colonna).

[3] )            È stata trovata un’iscrizione nel sito antico, presso il viale dei Cairoli, era del II secolo.

[4] )            L’autore dell’uccisione di Caligola (41).

[5] )            Occupavano una gran parte del Pincio

[6] )            Gli “Horti Domitiorum” dovevano confinare con la via Flaminia e fu lì (Piazza del Popolo), nel "gentili Domitiorum monumento...quod prospicitur e Campo Martio, impositum colli hortulorum”, che Nerone fu tumulato dalle sue nutrici Egloghe e Alessandrina e dalla concubina Acte con una spesa di 200.000 sesterzi (circa 45 milioni di lire oro), e ciò per il lusso delle vesti e degli oggetti che furono deposti nella tomba. Svetonio dice che Nerone fu sepolto con lo stesso manto, intessuto d’oro, da lui indossato il primo dell’anno.

[7] )            La basilica di "San Felice in colle hortulorum" o "in Pincis", oggi distrutta, sarebbe stata ubicata nella villa Malta o delle Rose.

[8] )            Sembra che sul colle vi abbia abitato Belisario (547).

[9] )            Nella corte del palazzo vi erano due leoni dei quali dice il Vacca: "Mi ricordo haver sentito dire, che il Magnifico Metello  Vaci, Maestro di Strade, fece condurre dalla via Prenestina, fuori di Porta San Lorenzo, quel Leone di mezzo rilievo, che, risarcito da Giovanni Sciarano, scultore da Fiesole, ora sta nella loggia del detto giardino del Grand Duca, il quale per accompagnarlo fece fare a me l'altro di tutto rilievo". Volgendo le spalle al palazzo sotto un arco, adattata  su  una  statua  mediocre  è  la  testa  di  Meleagro  di  Scopa  (di Paro  -  prima  metà  del IV sec. a.C.). I leoni nel 1780 furono trasportati a Firenze e posti a guardia della Loggia dei Lanzi, presso palazzo Vecchio.

[10] )           Vi è morto Monsignor Della Casa nel 1556.

[11] )           Nel 1616 durante il primo processo fu ospitato a villa Medici.

[12] )           Nel saggio "L'astronomia in Roma nel Pontificato di Pio IX" (Roma 1877, pag.4) scrive l’astronomo P. Secchi: "Fin dai tempi di Galileo, (i Padri Gesuiti) si occuparono a confermare le sue scoperte, e a que’ professori si deve l'aver accertato le autorità ecclesiastiche della verità dei fatti asseriti dal celebre astronomo, e si facevano un pregio di esporle a suo encomio nei loro pubblici saggi. Senonché ebbero la sfortuna di vedere qualche cosa più di lui o di ragionare meglio su certi temi e anche di preferirlo, il ché fece che, persone male intenzionate, gli rappresentassero questi professori come suoi nemici, onde esso si indispose molto verso di loro”.

[13] )           Dopo essere stato per nove anni nel Palazzo dell’arcivescovo Ascanio Piccolomini a Siena.

[14] )           Giambattista Colbert, soprintendente alle finanze, connestabile, ammiraglio, primo ministro fu, alla sua morte, gratificato di questo epigramma: "Caron voyant Colbert sur son rivage – Le prend, a ce qu’on dit, e le noie aussitôt – De peur qu’il ne mette un impôt – Sur la barque et sur le passage”. È il frutto di una sua dimenticanza che cioè: "Un français donne toujours la vie, quelquefois sa femme, jamais son argent”.

[15] )           Al Valle, dove fu poi costruito il teatro.

[16] )           Opera di Annibale Lippi (XVI sec.).

[17] )            Vi è sepolto Giacomo Cardelli, morto nel 1530, il proprietario che fece edificare la "Domus magna" in piazza Cardelli ed il "Palatino”, in Piazza Firenze. (Vedi Studi Romani, 1958, pag.425)

[18] )           Quando Gian Pietro Carafa (poi Paolo IV) fu, nel 1537, creato cardinale da Paolo III (Alessandro Farnese - 1534-1549), si trovava in letto, in fin di vita, assistito dai correligionari fratelli della Minerva e dall’amico Gaetano Thiene. E, poiché questi (Gaetano Thiene) gli faceva cenno con gli occhi di non accettare la berretta rossa che un messo papale gli porgeva, il Carafa per non scontentare né l’uno né l’altro, levatosi dal cuscino fece cenno al messo pontificio di appendere la berretta all’unico sostegno che arredava la sua cella: un chiodo.

[19] )           Disse Pasquino, della conseguente Repubblica Romana:

"Alberi senza radica?
Berretti senza testa?
Roma, davver, Repubblica?
Non resta, no, non resta
".

[20] )           Nel primo piano della scalinata, sin verso il 1875, stazionavano i modelli di Cingoli, di Subiaco, di Anticoli, di Saracinesco. In un pomeriggio del Carnevale usavano ballare il saltarello paesano davanti alla folla dei romani e dei forestieri. Durante l’anno la scalinata era il posto dove gli artisti andavano a reclutare questi modelli che, con la loro presenza, davano alla gradinata un aspetto veramente caratteristico. Aspetto che mantenne fin verso la fine del secolo XIX. Le osterie dei dintorni che frequentavano modelli ed artisti erano: Nanna in via Alibert, o il Bersagliere in via Mario dei Fiori. Durante il lavoro, a mezzogiorno, consumavano la colazione, che s’erano portati, a ridosso di un muro. Per solito divisi in gruppi, quelli di Anticoli erano avanti agli studi Patrizi e gli altri di Saracinesco verso il n.51A.

IMG_2901

Lapidi, Edicole e Chiese:

- Piazza della Trinità dei Monti

Blutop